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Dire di poter fare non è volerlo mai

La poesia di Daniela Gentile si costruisce sulle linee della nettezza: dire “Le cose come stanno” è un auspicio, e la geometria di gravi che cadono su paesaggi (esterni e interni) che si estendono in orizzontale cerca di delimitare un perimetro fatto di nomi precisi e conosciuti (“ho bisogno dei nomi alle cose”), che però finisce sempre per somigliare a una gabbia. Da questa tensione si genera la forza che fa de “Le cose come stanno” una breve mappa che tenga traccia, anzitutto, del desiderio di orientarsi.

Grave I

Da qualche parte del corpo lo senti
che non è per gravità
che cade ciò che pesa
ma per quanto si trascura.
Se restiamo a letto e smettiamo di contare,
ciò che corre ancora non si arresta.
Hanno paura di uscire anche le ombre,
puntano il peso sulla porta: chiudi, dicono,
dateci tregua.

***

Qui, ora

Possiamo almeno permetterci oggi
il rancore che passa a misura
e tende al bene.
Il perdono come un piatto di cui raccogli i pezzi,
dopo che cade.